Nasce e cresce in una terra che ha vissuto il boom economico attraverso il business derivato dalle “fabbriche delle scarpe” negli anni ’90. Una grande bolla che dopo pochi anni, in tanti casi ha fallito. Parlando con lei, mi rendo conto del fatto che la sua idea di fare impresa in maniera diversa, si è generata dalla messa in discussione del mindset di alcuni imprenditori, a suo dire troppo “chiusi”.
È cresciuta prendendo appunti su quali non sarebbero stati suoi errori “da grande”: dallo spreco alla totale mancanza di sensibilità del rispetto per l’ambiente fino ad arrivare alla messa in discussione dei modelli gerarchici spesso vigenti nelle aziende.
Sulla comunanza dei valori, della cooperazione e dello spirito di team, ha deciso di costruire il suo futuro.
Marta è l’imprenditrice che ha deciso di creare la sua micro azienda artigianale all’interno dell’Appennino Umbro Marchigiano. La sua bottega si trova a Ripe San Ginesio, un piccolissimo paese ai piedi dei Monti Sibillini. È molto legata al territorio e per questo, insieme ad altri artigiani ha deciso di aprire in un luogo poco popoloso, poco turistico e martoriato dal sisma del 2016 ma con un’altissima qualità di vita e una grande voglia di ricreare una comunità che ad oggi ha un’età media di 60 anni.
Il progetto nasce dalla sua passione per la sartoria e dall’attenzione riguardo il tema ambientale e di tutela della persona, intesa sia come lavoratore che come cliente. Ha alle spalle esperienze in grandi industrie della moda e ha toccato con mano l’insostenibilità di questo modus operandi.
Marta fa una profonda ricerca riguardo ai tessuti che sceglie di utilizzare per le collezioni concentrandosi principalmente su quelli realizzati con fibre naturali dalle capacità “termoregolatrici”, al fine di poter destinare lo stesso prodotto a tutte le stagioni. I tessuti che sceglie sono tutti di colore neutro e questo le permette di non avere scarti, perché posso riutilizzarli in ogni stagione. Disegna gli abiti, taglia il tessuto, li tinge/stampa e li cuce, tutto in modo trasparente. Tutti gli abiti possono essere modificati e personalizzati secondo le richieste e le esigenze del cliente. Customizzare il prodotto, vuol dire offrire un servizio pensato per le esigenze del singolo senza avere giacenze in magazzino.
In questo modo, ogni capo ha 3 vite: la prima nella sua nascita creando modelli dalle linee semplici e “senza tempo”, la seconda offrendo la possibilità di ritingere e ristampare i capi usati e/o danneggiati rimettendoli in commercio, la terza trasformando gli abiti danneggiati in opere d’arte e accessori. Vengono utilizzati soprattutto tessuti composti al 100% da un’unica fibra, per permettere la rigenerazione del filato. I filati dei capi con fibre miste, infatti, non possono essere recuperati.
Gli scarti tessili, essendo totalmente naturali nel tessuto e nella tintura, sono facilmente biodegradabili e possono essere riutilizzati nell’edilizia e nella realizzazione di pellet.
I tessuti che vengono acquistati sono tutti di colore neutro/grezzo, ciò ci permette di poter creare le fantasie e, in particolare, quelle richieste dai clienti.
I processi di tintura e decorazione sono eseguiti nella fase finale.
Per tingere Marta utilizza scarti agroalimentari come: bucce di cipolle, di melograno, mallo di noce oppure raccoglie lei stessa il materiale tintorio necessario anche per la stampa, recupera ogni bagno colore e riesce a riutilizzarlo tantissime volte per non sprecare acqua. I rifiuti che rimangono alla fine di ogni processo sono organici e posso tranquillamente ridonarli alla terra.
Riporto, alcuni punti salienti del nostro dialogo.
L: Fare impresa in modo sostenibile: da dove partiamo?
M: Bisogna mettere in conto che è sfida molto ardua in quanto il mercato offre tanto green washing e poca concretezza riguardo questi temi. Per quanto mi riguarda è una sorta di missione e nasce da dei forti valori a cui non sono disposta a rinunciare.
Sicuramente è necessario pianificare il proprio progetto, valutando e analizzando bene opportunità e ostacoli. Questo ci dà la possibilità di chiedere dei finanziamenti sulla base di rischi calcolati. Importantissima è la comunicazione e la trasparenza, distinguersi appunto da chi fa green- whashing e credere davvero tanto in quello che si sta facendo. Cosa fondamentale, fare rete, soprattutto con i piccoli brand che lavorano davvero bene sul tema. I valori che mi guidano sono:
SAPER FARE: Reputo indispensabile recuperare e tramandare alcune maestranze che rischiano di andare perse, come la sartoria e la tintura naturale. Per questo ho aperto un atelier che è sia punto vendita che laboratorio, nonché luogo di workshop di sartoria e tintura.
RISPETTO DELL’UOMO: I dati mettono in evidenza due cose: l’aumento delle allergie e delle malattie della pelle per la scarsa qualità delle fibre e delle tinture che utilizzano le aziende della fast fashion e l’aumento delle malattie per chi tratta questi materiali. Per questo utilizzo solo fibre provenienti da coltivazioni biologiche certificate, che non sfruttano né l’ambiente né il lavoro o scarti di altre aziende.
RISPETTO DELL’AMBIENTE: Il prodotto che realizzo deve essere progettato per avere un bassissimo impatto ambientale, a partire dai materiali ma anche per quel che riguarda il processo di produzione e di consumo: fare in modo che quando diventerà rifiuto questo abbia un’alta biodegradabilità e non sia inquinante.
ECONOMIA CIRCOLARE: Il concetto di “Economia Lineare” (produzione – rifiuto) a cui siamo abituati è dimostrato che sia fallimentare. Per questo reputo necessario che chi apre un’azienda oggi, debba farlo solo progettando in “Economia Circolare”.
L: Quali sono i sogni che vuoi realizzare?
M: Vorrei aumentare la capacità produttiva e creare occupazione nel territorio in cui operiamo e creare un “Centro di alta formazione professionale” a Ripe San Ginesio per insegnare un nuovo modo di produrre moda, un modo totalmente ecologico: dall’idea alla confezione, passando per la tintura naturale.
In futuro ancora più lontano vorrei che ètico – Sartoria Marchigiana diventasse un modello virtuoso e replicabile, soprattutto in zone fragili come l’appennino, da chi ne condivide i valori e da chi ha seguito la nostra formazione; un luogo in cui si crea e si compra abbigliamento artigianale ecologico.